Utilizzare la strategia dello storytelling nella promozione di un evento o di un marchio è una tecnica utilizzata da molti grandi brand: ricordate gli spot di Giovanni Rana e quelli di L’Oréal Paris?
I primi hanno rappresentato uno dei più noti esempi di svelamento del brand, con il testimonial che non è più un attore, un vip, un modello o un calciatore, bensì lui, il brand stesso, ovvero la persona che l’ha creato.
Del resto chi normalmente si chiede “ma che faccia avrà quello che ha inventato il dentifricio con cui mi lavo i denti?” Per cui l’effetto svelamento è stato particolarmente forte. Ora tutti sappiamo che faccia ha chi ha inventato quei tortellini, e probabilmente ci sembrano più buoni, ci fidiamo rassicurati da un volto umano normale.
L’Oréal Paris invece ha segnato una svolta epocale quando è passata dal “perché IO valgo” con il testimonial famoso che dava importanza riflessa al brand, al “perché VOI valete”, con il consumatore al centro del mondo, e che dà valore al brand proprio perché lui, come persona, ha un enorme valore. Un po’ paraculi, un po’ innovatori, gli va comunque il plauso per aver tentato una strada più diretta, meno costosa e soprattutto più duratura.
Queste due strategie possono essere utilizzate, combinandole, anche per la promozione del nostro evento, che passa dalla tradizionale azione di diffusione push (comunicato stampa, locandina, sponsorizzazioni etc…) ad una nuova forma di racconto pull, fatto dagli stessi partecipanti, o possibili partecipanti, al nostro evento. Come utilizzare la strategia dello storytelling nella promozione di un evento?
Facciamo un esempio:
Sto organizzando la presentazione della mia nuova linea di biciclette con pedalata assistita e per farlo utilizzo due canali: Twitter, e il mio blog. Tutte le notizie poi convergeranno verso la pagina del mio sito web in cui fornisco le info complete sullo svolgimento della presentazione, sulle modalità di partecipazione etc…
Invece di utilizzare hashtag quali “#bike”, “#evento”, “#pedalataassistita”, tipici di una azione push, potrei scegliere per esempio “#raccontalatuabici”, “#tisentisportivo”, “#dueruoteoquattro”.
In questo modo spingerei gli utenti a conversare con me, facendo in modo che siano loro al centro dell’azione pubblicitaria, che si concentrerebbe sulla promozione delle loro esperienze di ciclisti, e di riflesso darebbe visibilità al mio evento.
Un bravo social network dovrebbe raccontare anche la sua esperienza all’interno del piano editoriale, ponendosi al pari dei suoi utenti, e avviando così un dialogo con naturale buzz. E’ ovvio che nella stesura del piano editoriale e nelle risposte estemporanee, è necessario che il social media manager conosca il suo mercato così da non deludere il consumatore “in ascolto”.
Posso poi sviluppare le storie raccolte in un articolo che posterò sul mio blog, citando le singole persone, che svolgeranno un ruolo sia di testimonial dell’evento che sto promuovendo, sia di ambassador per la diffusione della notizia stessa. Potrei persino decidere di inserire le storie più interessanti in un e-book da veicolare sulla rete, o creare una nuova sezione sul mio blog dedicata proprio a quell’argomento.
Il racconto dell’evento da parte degli stessi partecipanti, ai fini della sua promozione, è una strategia, semplice, economica, e soprattutto efficace.
Ma come si può misurare l’efficacia di un “racconto”? Con una serie di calcoli potrei trasformare in un risultato numerico l’engagement degli utenti. Grazie a un banale foglio excel potrei iniziare a capire se il racconto che sto facendo del mio brand sta funzionando o meno.
Ci avete mai provato?