Una nuova era di Social Network "Minimal": Emojli, Yo e Slingshot

Siamo abituati a raccontare la nostra vita a getto continuo: parole, parole, parole. Twitter ci costringe a limitarci a 140 caratteri, i vecchi sms ce ne offrono qualcuno in più per sintetizzare i nostri pensieri, ma tra WhatsApp e Facebook passiamo intere giornate a scrivere senza neppure concentrarci sulle emozioni che vogliamo trasmettere. Ci dilunghiamo, ma non lavoriamo sul nostro stile, diventando più prolissi di un romanzo russo.

Però il mondo digital evolve, si trasforma e ci trasforma: il linguaggio non è più composto solo da parole, ma anche da emoticons, esclamazioni, frasi di slang utilizzate come motti. Imprenditori e startupper di tutto il mondo non potevano non inserirsi in questa tendenza e gli ultimi social network e app che spopolano tra i tech savyy (e non solo) sono all’insegna del minimalismo. Poche parole, molte icone.

Emojli, Yo,  Slingshot, ma anche Snapchat (di cui abbiamo parlato poco tempo fa qui) e tutti i messanger per mobile (WhatsApp, Wechat, Telegram e simili…) cosa hanno di particolare? Scopriamoli uno per uno.

Emojli

Né Parole, Né Spam, solo Emoticons. Questo è il claim dell’azienda che sta per lanciare una social app basata esclusivamente sulle emoticons prima per iOS e successivamente anche per il sistema operativo Android. Matt Gray e Tom Scott, founder della start-up, sono partiti da un’idea nata davanti a una birra per creare questo nuovo sistema di comunicazione basato esclusivamente sulle piccole icone (le emoji appunto) che utilizziamo quotidianamente durante le nostre chat. Per chi lo volesse, è possibile scegliere il proprio username prima del lancio a questo indirizzo.

Yo

Questa nuova app ha un’unica funzione: puoi inviare uno YO ai tuoi amici con un semplice click sul tuo smartphone. Un’idea stupida? Tutt’altro: una rivoluzione della comunicazione ridotta all’essenzialità. Molto più radicale del “mi piace” di Facebook, retrò nella scelta dello slang (anni ’80) e simile agli squilli di cellulare che – prima dei piani tariffari vantaggiosi – ci permettevano di comunicare tutto: dal “ti penso” al “come stai?” in un unico – e gratuito – trillo. Bè, che dire, le nostre capacità interpretative miglioreranno di sicuro. La comunicazione resta privata tra il mittente e il destinatario, solo le due persone coinvolte nel messaggio potranno capirne l’effettivo significato rapportandone il senso al contesto.

Lasciando da parte la filosofia del linguaggio, Yo è un’app costruita in 8 ore da un uomo israeliano di 32 anni, Or Orbel, ha già generato oltre 1 milione di download e attratto il portafogli di investitori per un 1 milione di dollari. Perfino gli hacker hanno scelto di interessarsene, infiltrandosi per ben due volte nelle rubriche delle centinaia di migliaia di utenti di Yo.

Slingshot

Mark Zuckerberg aveva provato ad acquistare Snapchat senza successo. Il ragazzo, come sappiamo, non è un tipo che si scoraggia, e dopo aver ricevuto un rifiuto dall’azienda di Los Angeles ha deciso di fondare una social app simile, ma con un humour ancora più radicale.

Molto essenziale nell’aspetto, serve sostanzialmente a inviare foto con una breve frase, ma nel momento in cui l’utente riceve sul proprio cellulare una foto (all’improvviso, proprio come qualcosa lanciato da una fionda) deve scegliere di “sbloccarla” inviando al mittente del messaggio originale un’immagine. Le foto non si conservano (salvo, ovviamente, screenshot) e si autoeliminano, rendendo così questo messanger utile a una conversazione immediata e basata su ciò che può trasmettere una foto. Momenti da condividere, interazione immediata e che importa se poi alla fine qualcuno fa uno screenshot di ciò che inviamo?

Che ne pensate di queste nuove modalità di comunicazione? Emoji, slang, foto… migliorano le nostre capacità di comunicazione e interpretazione dei messaggi o forse facilitano scambi di informazioni che altrimenti sarebbero ben più complessi?